sabato 8 maggio 2010

supernova


Supernove


Una supernova è un'espolosione gigantesca che comporta la quasi totale disintegrazione di una stella supergigante nelle fasi finali della sua vita. L'energia emessa da una supernova è enorme e, per alcune settimane può eclissare anche la luce di un'intera galassia. Il nucleo della stella può sopravvivere all'esplosione dando vita ad una stella a neutroni o ad un buco nero a seconda della massa del residuo stellare.

Una stella supergigante avente più di 10 masse solari termina il suo ciclo vitale con l'espolosione in supernova.

L'espolosione viene raggiunta di seguito ad esaurimento dei diversi combustibili nucleari. Abbiamo visto che la stella brucia prima l'idrogeno, poi l'elio, poi il carbonio.. fino al ferro. Qui la catena si interrompe perchè i nuclei di ferro non possono fondersi fornendo energia, come negli altri casi. Il nucleo della stella super gigante colmo di ferro, collassa in meno di un secondo rilasciando repentinamente una grande quantità di energia gravitazionale che crea un'onda d'urto che espelle tutti gli strati esterni della stella.

La supernova


Una supernova è un'esplosione stellare che sembra risultare nella creazione di una nuova stella nella sfera celeste ("nova" è il termine latino per "nuova". Il plurale è a volte scritto alla latina, supernovae; ma anche, in italiano, "supernove"). Il prefisso "super" la distingue da una nova, la quale è anch'essa una stella che aumenta la sua luminosità, ma in maniera nettamente minore e con un meccanismo diverso. I detriti espulsi formano quindi nubi di polveri e gas. Un'esplosione di supernova può comprimere del gas preesistente che si trovava vicino alla stella e si suppone che ciò possa innescare processi di formazione stellare. Una supernova è l'unico meccanismo naturale conosciuto per produrre gli elementi più pesanti del ferro (tra cui cobalto, uranio, nichel, piombo, iodio, tungsteno, oro e argento), che si formano nell'atmosfera rovente della supernova sfruttando l'enorme energia a disposizione.

I pianeti extrasolari

Un pianeta extrasolare è un pianeta non appartenente al sistema solare; esso infatti orbita attorno a una stella diversa dal Sole. Ad aprile 2010 ne sono stati individuati 443. La scoperta della maggior parte degli esopianeti è dovuta a metodi di osservazione indiretta piuttosto che tramite osservazioni al telescopio. A causa dei limiti delle tecniche di osservazione attuali la maggior parte dei pianeti individuati sono giganti gassosi come Giove e, solo in misura minore, pianeti rocciosi massivi del tipo Super Terra. Si è incominciato ad avere qualche ipotesi sull esistenza di queststi pianeti extrasolari gia nel XVIII secolo: infatti la prima ipotesi sull' esistenza di questi corpi celesti l' ebbe Isaac Newton nel 1713. Il primo annuncio in grande stile della scoperta di un pianeta extrasolare risale al 1963: Peter van de Kamp sostenne di aver scoperto - tramite misurazioni astrometriche protratte per 20 anni - un compagno invisibile orbitante attorno alla stella di Barnard e con un massa pari a 1,6 volte quella di Giove, e dieci anni piu tardi, John Hershey dimostrò l'inesistenza del pianeta: l'anomalia misurata da van de Kamp era il La pietra miliare dei pianeti extrasolari viene posta nel 1992 dagli astronomi Wolszczan e Frail che pubblicano sulla rivista Nature i risultati di una loro osservazione, iniziata due anni prima presso il radiotelescopio di Arecibo, che indica che attorno alla pulsar PSR B1257+12 orbitano due pianeti. Si tratta dei primi pianeti extrasolari individuati con sicurezza, ma la loro rilevanza è legata soprattutto al fatto di orbitare attorno ad una pulsar, una condizione ancor'oggi piuttosto rara. La maggior parte degli astronomi, all'epoca della scoperta, si aspettava di scoprire pianeti solo attorno alle stelle appartenenti alla sequenza principale e ancor'oggi sono solo due le pulsar sicuramente dotate di sistema planetario prodotto di un errore sistematico nella meccanica del telescopio da lui utilizzato.

venerdì 7 maggio 2010

I Maremoti e Tsunami

















Un maremoto può essere provocato da un terremoto con epicentro in corrispondenza del fondo marino o della costa, da eruzioni vulcaniche, dalla propagazione nel mare di onde elastiche formatesi in corrispondenza dei continenti. La velocità di propagazione delle onde di compressione dipende dalla lunghezza d'onda e dalla profondità del mare: è di circa 100 m/s per una profondità di 1.000 m.
I maremoti non vengono avvertiti in mare aperto, ma in vicinanza della costa, dove il fondo si alza, danno origine a onde alte anche 20 o 30 m che invadendo la terraferma possono provocare gravi danni. Sulla costa possono abbattersi più onde separate da intervalli di qualche minuto, e talvolta possono essere precedute da un ritiro prolungato delle acque.
Le onde provocate dai maremoti sono conosciute col nome giapponese di tsunami.Ultimamente il termine tsunami (dal giapponse tsu "porto" e nami "onda", ovvero "onda contro il porto") è ormai entrato in uso nella lingua italiana corrente come sinonimo di maremoto, soprattutto grazie all'abuso di tale termine da parte di giornali e televisioni, a discapito del termine italiano. Il significato dei due termini è sostanzialmente lo stesso: indica una ondata anomala che si abbatte sulle coste, a prescindere dalla causa che possa averla originata.
L'origine, infatti, può spesso essere un terremoto sottomarino, il quale, pur interessando il fondo del mare, è comunque un movimento della crosta terrestre, quindi è semplicemente un terremoto. Non per questo il termine maremoto è però in alcun modo legato a tale eventuale origine sismica, tant'è vero che si parla di maremoto anche descrivendo un'ondata prodotta dall'impatto di un grosso meteorite con un oceano.
Quando si abbatte su una zona costiera, l’onda di un maremoto è in grado di devastare interi centri abitati.
In Italia
Circa 8000 anni fa un gigantesco tsunami devastò il mediterraneo interessando le coste della Sicilia orientale, l'Italia meridionale, l'Albania, la Grecia, il Nord Africa dalla Tunisia all'Egitto, spingendosi sino alle coste del vicino oriente dalla Palestina, alla Siria ed al Libano.La causa fu lo sprofondamento in mare di una massa di 35 chilometri cubi di materiale, staccatosi dall'Etna, in seguito ad un sisma di eccezionale magnitudo. L'onda iniziale che si generò era alta più di 50 metri e raggiunse le propaggini estreme del Mediterraneo orientale in 3 o 4 ore, viaggiando alla velocità di diverse centinaia di chilometri orari. Tale sconvolgimento determinò la scomparsa improvvisa di numerosi insediamenti costieri di epoca neolitica, come è stato dimostrato dai ritrovamenti archeologici sulle coste di Israele. Lo studio che ha portato alla dimostrazione di questo evento cataclismico è stato condotto dall'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, con finanziamento del Dipartimento di Protezione Civile, nel 2006.In epoca abbastanza recente varie fonti riferiscono di uno tsunami a seguito del Terremoto del Val di Noto, del 1693, quando una gigantesca ondata devastò le coste orientali della Sicilia dopo che il mare si era ritirato di centinaia di metri. In questo caso l'epicentro del sisma si ritiene fosse situato sotto il fondo del mare, una trentina di km, al largo di Augusta.
Il terremoto di Messina del 1908 innescò un maremoto di impressionante violenza che si riversò sulle zone costiere di tutto lo Stretto di Messina con ondate devastanti stimate, a seconda delle località della costa orientale della Sicilia, da 6 m a 12 m di altezza. Lo tsunami in questo caso provocò migliaia di vittime, aggravando il bilancio dovuto al terremoto.
Un movimento dell'acqua di dimensioni più contenute rispetto ad uno tsunami si verificò nel dicembre 2002 nel Mar Tirreno. Seppur di piccole dimensioni, l'onda generata, alta alcuni metri, distrusse parte delle zone costiere abitate di Stromboli e causò danni e disagi alla navigazione.
Gli Tsunami nel mondo
I tre più forti terremoti della storia recente hanno generato tsunami distruttivi.
Il 22 maggio 1960 in Cile avvenne il più forte terremoto del XX secolo (Magnitudo 9.5) che fu seguito da un violento maremoto con onde alte 15-20 m sulle coste vicine all’epicentro e che raggiunse le Hawaii 15 ore dopo on onde di oltre 10 metri.
Dopo circa 22 ore anche le coste del Giappone (a circa 10.000 km di distanza) furono investite dallo tsunami con onde di 6 metri. Il 27 marzo 1964 in Alaska un terremoto di magnitudo 9.2 produsse un violento tsunami con onde che si propagarono sino alle Hawaii e alle coste della California con onde tra i 2 e i 6 metri. Il 26 dicembre 2004 un sisma di magnitudo 9.1 a largo di Sumatra ha originato il più distruttivo tsunami del secolo, sia come effetti prodotti che come area interessata. Nessun altro maremoto del passato ha provocato tante vittime (oltre 280.000) e ha investito così tante aree del mondo. Le onde hanno investito oltre all’Indonesia tutti gli stati del Golfo del Bengala, causando danni anche in Somalia, Kenya, Tanzania, Madagascar, Mozambico, Mauritius, Sud Africa e Australia. Lo tsunami ha attraversato l’Oceano Atlantico e il Pacifico ed è stato anche rilevato in Nuova Zelanda, Antartide e lungo le coste dell’America del Sud e del Nord.

La frequenza delle note

In linea di principio, la musica può essere composta da note di frequenza arbitraria. Per ragioni storiche, si è consolidato l'uso di dodici note (semitoni) per ottava, specialmente nella musica occidentale. Queste note a frequenza fissa sono in relazione matematica fra loro, e sono calcolate a partire da una nota fondamentale la cui frequenza è stabilita per convenzione. Recentemente si è stabilito che il La4, rappresentato in chiave di violino nel secondo spazio del pentagramma, corrisponda a una frequenza acustica di 440 Hz.Ogni nota è separata dal La4 da un numero intero di semitoni. E ogni 12 semitoni (quindi ogni ottava) si ha un raddoppio di frequenza. Si tratta dunque di una progressione geometrica, quindi la frequenza di una nota che dista n semitoni dalla fondamentale è data dalla formula:
Per esempio, troviamo la frequenza del do immediatamente sopra al la4 (do5). Per ottenere il do5 si devono aggiungere tre semitoni:
la — 1 → la♯ — 2 → si — 3 → do Infine, si vede che ogni dodici semitoni si ha una frequenza doppia, ovvero un intervallo di un'ottava.

La Terra in tutte le sue particolarità.

Ecco cosa stava spiegando il professore con l'astuccio di una mia compagna ed un libretto delle giustificazioni: i movimenti della terra intorno al sole e l'asse terrestre:

Il giorno solare e sidereo del Planetario di Milano:

Il Sistema Solare in 3D:

Ecco un video sul pendolo di Foucault:

Buona visione!! ;)

I Buchi Neri



Buchi neri, mostri oscuri del cielo..





Se una stella è molto massiccia, più di 6-7 volte il Sole, quando esplode come supernova dà luogo all'oggetto più strano e affascinante del cosmo: un buco nero. Il nucleo della stella crolla sotto il proprio peso e non riesce a controbilanciarlo nemmeno comprimendosi al massimo. Niente può fermare la caduta della materia verso il centro della stella, finché l'intera massa del nucleo non si concentra in un unico punto!


L'oggetto che si forma, il buco nero, è qualcosa di così strano e così estremo che non può essere descritto con le leggi della fisica che valgono sulla Terra.La gravità di un buco nero, infatti, è così grande da comprimere la materia che lo compone fino ad una densità praticamente infinita. Essa si trova quindi in uno stato fisico a noi sconosciuto.
La forza di attrazione gravitazionale di un buco nero è immensa: qualunque cosa che gli passi troppo vicino viene catturata e vi cade dentro, senza poterne più uscire. Nemmeno un raggio di luce, che è la cosa più veloce che esista in natura, può sfuggire a questo mostro: non potendo emettere radiazione, esso è completamente oscuro e non può essere "visto".


Attenzione però. Spesso si pensa che un buco nero possa inghiottire tutto quello che gli sta intorno: in realtà, l'attrazione gravitazionale che esso esercita su un corpo dipende dalla distanza del corpo stesso: solo se un corpo si avvicina troppo viene catturato da questo gigantesco imbuto spaziale.
Il disco di polvere che circonda un enorme buco nero. Misurando la velocità del gas si può sapere quanto è intenso il campo gravitazionale del buco nero e quindi conoscere la sua massa.



Come per ogni stella o pianeta, anche per il buco nero si può definire la velocità di fuga di un corpo ad una certa distanza R. Si tratta della minima velocità che un oggetto posto alla distanza R deve avere, per poter sfuggire all'attrazione gravitazionale del buco nero. Allo stesso modo, possiamo definire la minima distanza R, alla quale un oggetto dotato di una certa velocità, può ancora sfuggirgli.
Per un raggio di luce, questa distanza identifica una specie di "superficie" del buco nero, anche se in realtà il buco nero non ha dimensioni. La superficie prende il nome di "orizzonte degli eventi": un raggio di luce che passa subito al di fuori di questa regione, viene incurvato molto fortemente dalla forza gravitazionale del buco nero, ma riesce a proseguire il suo cammino. Se invece vi entra, non potrà più uscirne.La posizione dell'orizzonte degli eventi dipende dalla massa del buco nero: se la sua massa è il doppio di quella del Sole, il raggio di questa regione invisibile è di appena 6 Km.
I buchi neri sono gli unici oggetti celesti che non possono essere studiati direttamente in alcun modo, dato che non emettono radiazione di nessun tipo. Solo le nostre conoscenze di fisica e matematica ci permettono di immaginare come sono fatti. La loro esistenza, infatti, è prevista dalla teoria della Relatività generale di Einstein.



Tuttavia, esistono delle evidenze indirette dell'esistenza dei buchi neri. Quando un buco nero fa parte di un sistema binario di stelle, esso strappa il gas più esterno della compagna e lo risucchia. Questo gas si mette in rotazione, formando un disco attorno al buco nero, che ruota anch'esso sul proprio asse; da questo disco, pian piano cade dentro al buco nero.
Durante la caduta, la materia raggiunge altissime temperature ed emette raggi X: è proprio attraverso questa radiazione che un buco nero può essere rivelato.


Un altro fenomeno che permette di scorgere indirettamente un buco nero è l'effetto di "lente gravitazionale" che esso esercita. In condizioni normali, la radiazione percorre una traiettoria rettilinea; quella che passa abbastanza vicino ad un buco nero, invece, viene incurvata a causa del suo intenso campo gravitazionale. L'effetto ottico di questa curvatura è quello che vedi nel disegno.
Se un buco nero si trova tra noi ed un oggetto, produce due o più immagini dello stesso oggetto.
A volte le immagini prodotte da una lente gravitazionale sono piu' di due.

FINE

GLI ANIMALI IN ESTINZIONE: il Leopardo delle Nevi ( Uncia uncia)

Il Leopardo delle Nevi, è un felino in via di estinzione che vive nell'Asia centrale. Nonostante venga chiamato "leopardo", esso in realtà non lo è. Più strettamente legato alla tigre(Panthera tigris) la cui divergenza evolutiva è avvenuta oltre 2 milioni di anni fa è stato solo di recente inserito nel genere Panthera, di cui fanno parte anche il leone, il giaguaro ed il leopardo. Prima infatti si era ritenuto appartenesse al genere Uncia, di cui era l'unico rappresentante. Ancora la sua posizione all'interno del genere Panthera non è stata ben definita.
Scoperto solo all'inizio del secolo scorso, il leopardo delle nevi ,vive tra le alte montagne dell'Asia centrale, generalmente tra i 1.500 e i 6.000 metri di altitudine, in un ambiente secco, roccioso, ricco di arbusti e praterie. Ha abitudini prevalentemente notturne o crepuscolari (alba e tramonto), a seconda delle persecuzioni che subisce nelle differenti regioni. Le sue prede abituali sono le pecore selvatiche e le capre, compresa la pecora blu e argali. Tuttavia, vivendo in un terreno di montagna le prede sono scarse e il leopardo allora si ciba anche di cervi, giovani yak, asini selvatici e bestiame allo stato brado: è in grado di catturare prede tre volte più pesanti. Ha bisogno di una grossa preda ogni 10-15 giorni. Non rappresenta un pericolo per l’uomo. E' dotato di vista e udito sviluppatissimi quando percepisce la presenza umana, cautamente si allontana.
possiede un pelo moltospesso, colo grigio fumo picchiettato di piccole macchie e puntini scuri.

Il leopardo delle nevi ha anche una lunga e grossa coda che gli serve sia per mantenere l'equilibrio che come calda sciarpa durante le notti più fredde, e un sottopelo fitto, lanugginoso che gli permette di affrontare le lunghe stagioni fredde tipiche del clima montano. Il leopardo delle nevi possiede una cavità nasale molto ampia che permettere all'aria inalata di riscaldarsi prima di passare nei polmoni. Gli arti posteriori del leopardo delle nevi sono lunghi mentre quelli anteriori sono più corti per permettergli di fare grandi salti. Il leopardo delle nevipuò misurare oltre due metri in lunghezza, di cui 90 centimetri sono di coda. E' un cacciatore prevalentemente notturno, ma a volte si mette in cerca di cibo anche durante il giorno.
MINACCE

Il leopardo delle nevi è stato ferocemente cacciato in passato per la sua pelliccia. Negli ultimi anni questo tipo di commercio a livello internazionale è notevolmente diminuito, ma la specie è ancora seriamente minacciata. Una delle minacce principali è rappresentata dal fatto che i mandriani stanno ormai trasferendo le loro greggi nei territori del leopardo. Il bestiame domestico compete con le pecore e le capre selvatiche a causa dalla scarsità di pascoli, e questo spinge le prede selvatiche in altre
zone. In assenza delle prede abituali, i leopardi iniziano a predare il bestiamo d’allevamento, provocando la reazione dei pastori che non esitano a uccidere i felini.
I leopardi delle nevi vengono uccisi anche per le loro ossa, che vengono usate nella medicina tradizionale cinese al posto delle ossa di tigre. Il leopardo delle nevi, insieme agli altri grandi felini, è inserito nell'Appendice I della Convenzione sul Commercio Internazionale delle Specie in Pericolo (CITES), che assicura una maggiore protezione a livello internazionale.

martedì 4 maggio 2010

La forza d' attrito

Proviamo ad applicare una piccola forza orizzontalmente al piano. L'esperienza quitidiana ci dice che, se proviamo a spingere piano un oggetto abbastanza pesante, questo non si muove. Per poterlo muovere occorre applicare una forza sufficientemente grande. La risposta e' in una nuova forza che chiameremo forza di attrito statico. Statico perche' viene applicata a corpi a riposo. La spiegazione del fenomeno sta in questi termini. Qualunque corpo anche se apparentemente liscio, in una scala ravvicinata, presenta grandi asperita'. Lo stesso accade per il piano. Se poggiamo un corpo su un piano in realta' la superficie di contatto e' piccolissima in quanto i corpi si toccheranno solo sulle punte delle asperita'. Questo vuol dire che il corpo poggia solo su poche punte che sono soggette a pressioni molto grandi. Quando un materiale e' soggetto a pressioni molto grandi fonde per cui fra corpo e piano dobbiamo immaginare che si formino tante piccole saldature. Quindi per poter muovere un corpo bisogna prima rompere tutte queste saldature. E' per questa ragione che applicando una forza piccola il corpo non si muove.

I fulmini

I fulmini sono delle scariche elettriche improvvise e violente che si verificano tra due nubi oppure tra una nube e la superficie terrestre a causa di differenze di potenziale molto elevate nell'ambito dell'atmosfera. Il fenomeno si manifesta con un effetto luminoso (lampo) ed uno sonoro (tuono) che non vengono percepiti simultaneamente dall'osservatore a causa delle diverse velocità di propagazione della luce (300.000 Km/s) e del suono (340 m/s) nell'etere. Il lampo viene visto quasi istantaneamente, mentre il tuono viene udito dopo un intervallo di tempo tanto più grande quanto più è distante il fulmine.
Normalmente un fulmine è composto da un ramo principale e da molti rami secondari, con il caratteristico aspetto a zig-zag, volto alla ricerca del percorso di minor resistenza elettrica. La lunghezza può raggiungere i 2-3 Km, con punte di 5 Km in Sud Africa; quando si verificano tra nubi, i percorsi possono anche raggiungere i 10-15 Km.
E' ormai accertato che le grosse nubi temporalesche (cumulonembi) sono caricate positivamente nella parte più alta e negativamente in quella più bassa; esistono diverse teorie che cercano di giustificare tale situazione, una di esse è che le separazioni delle cariche abbiano origine dalle collisioni fra i vari elementi di nube rappresentati dalle piccole gocce di acqua o dai piccoli cristalli di ghiaccio, formatisi in seguito alla condensazione o alla sublimazione del vapore acqueo. All'interno delle nubi temporalesche esistono forti correnti ascensionali e precipitazioni che innescano complessi procedimenti di crescita e di interazione dei vari elementi, determinando le collisioni sopracitate.

Si è ritenuto che le più piccole particelle tendano ad acquisire cariche negative, mentre le più grandi acquisiscano cariche positive. Queste particelle tendono a separarsi per effetto delle correnti ascensionali e della forza di gravità, fino a che la nube non assume lo stato elettrico precedentemente descritto (positivo in alto e negativo in basso). La suddetta separazione produce enormi differenze di potenziale sia all'interno della nube che fra la nube e la terra, che tende a caricarsi positivamente.

Le differenze di potenziale possono raggiungere le migliaia di milioni di volt, causando il superamento della rigidità dielettrica (massimo valore di campo elettrico che si può applicare ad un isolante prima che scocchi l'arco elettrico) dell'aria: in tale istante scocca il fulmine. Il meccanismo della scarica è tuttavia molto complesso e si manifesta in due tempi:
1. Inizialmente dalla nube scende verso il suolo una scarica debole ed invisibile composta da particelle caricate negativamente, detta pilota (o scarica guida) ed avanza verso il suolo a bassa velocità (circa 100 Km/s)e con percorsi successivi di breve lunghezza (circa 50 m). Lungo tale percorso a zig-zag si crea un'intensa ionizzazione che predispone alla seconda fase.
2. Quando la scarica pilota si avvicina al suolo, da quest'ultimo parte una scarica "di ritorno" diretta verso l'alto e composta da un flusso di cariche positive presenti sulla superficie terrestre. Quando le due scariche si incontrano, esse segnano nell'aria una specie di scia di congiunzione tra cielo e terra; lungo tale traccia risale verso la nube una fortissima corrente elettrica ad una velocità stimata in circa un terzo di quella della luce.
La scarica di ritorno può durare tra qualche decina e qualche centinaia di microsecondi e libera una quantità enorme di energia di tipo termico, ottico (lampo), acustico (tuono) ed elettromagnetico.
Il canale conduttore, creato dalla scarica guida, può ramificarsi in parecchie branche, lungo le quali si possono avere diverse scariche di ritorno giustificando così l'aspetto tutto ramificato del fulmine. Spesso lungo il canale conduttore, dopo la prima scarica, si può avere un'altra scarica guida verso il basso, che innesca un secondo fulmine. Questo può verificarsi più volte in uno o due secondi, causando l'effetto tremolante nella luce del lampo.

La bussola

La bussola deve il suo nome alla scatola in legno di bosso che originariamente conteneva tale strumento.

La storia della bussola
L'invenzione della bussola si attribuisce ai cinesi e ai vichinghi. Essi scoprirono il campo magnetico terrestre che veniva usato come forma di spettacolo: Es. venivano lanciate casualmente delle frecce magnetizzate, come si fa con i dadi, e "magicamente" queste si allineavano verso il nord, impressionando gli spettatori. Nelle bussole venne fissato un ago libero di ruotare che si disponeva sempre nella direzione del nord. Una volta conosciuta la posizione del nord era poi possibile identificare il sud come la direzione opposta, mentre l'est e l'ovest erano rispettivamente alla destra ed alla sinistra dell'osservatore rivolto verso il nord. È certo che l'uso della bussola come strumento di navigazione risale all'anno 1100 presso gli stessi cinesi. Fu introdotta in Europa nel XII secolo probabilmente attraverso gli Arabi: il primo riferimento all'uso della bussola nella navigazione nell'Europa occidentale è il De nominibus ustensilium di Alexander Neckam (1180-1187)

Che cos'è la bussola
La bussola è uno strumento essenziale alla navigazione, non solo se questa si protrae su grandi distanze, ma anche solo per capire quale bordo sia meglio prendere per raggiungere il più velocemente una meta prefissata.La bussola può essere Magnetica o Amagnetica, a seconda che sfrutti i principi del magnetismo o quelli della dinamica.Le bussole Magnetiche sono quelle che troviamo su tutte le imbarcazioni , quelle amagnetiche vengono installate su grandi navi o su veicoli speciali.Vediamo il funzionamento della nostra bussola: quella Magnetica.Prendiamo una barretta magnetica, la poniamo sotto un cartoncino e su questo spargiamo della sottile polvere di ferro. Vedremo che quest'ultima si disporrà formando delle linee tutte intorno alla posizione in cui si trova la calamita.
Il campo magnetico è lo spazio in cui agiscono le forze di attrazione e di repulsione della calamita, il suo spettro é la forma che assumono le Linee di forza del Campo Magnetico.La calamita ha due polarità, Polo Sud e Polo Nord. Due calamite diverse possiedono entrambe un polo sud e un polo nord, e hanno capacità di attrazione e repulsione fra loro:una calamita attrae al proprio sud il polo nord dell'altra e ne respinge il sud.La legge dice che: "... i poli opposti si attraggono, i poli uguali si respingono".La terra è un grande magnete, e intorno a al globo esiste un campo magnetico simile a quello messo in evidenza dalla polvere di ferro sul cartoncino.Il suo spettro è formato da linee che escono dal polo nord ed entrano nel polo sud.




La costruzione di una semplice bussola

Bussole da orientamento
Occorre un'asta magnetica, la quale può essere costruita allineando un'asta d'acciaio o di ferro con il campo magnetico terrestre prima di temprarla o colpirla ripetutamente (questo metodo, però, genera un magnete molto debole e quindi è consigliabile usarne un altro più efficace). Ottenuta l'asta magnetica occorre posizionarla su una superficie con un basso attrito che le permetta di muoversi per allinearsi con il campo magnetico terrestre. Infine indicando i punti cardinali si ottiene una semplice, ma funzionante bussola.
Il sistema più semplice per costruire una bussola è quello di magnetizzare uno spillo o un ago poi appoggiarlo con delicatezza su un piccolo corpo impermeabile e galleggiante dentro un bicchiere d'acqua. La quasi assenza di attrito dell'acqua farà roteare lo spillo allineandolo con i poli magnetici terrestri.

Bussole moderne da nautica e orientamento
Le bussole moderne, specialmente quelle nautiche, sono costituite da corone basculanti su un perno immerse in liquidi a bassa densità (uno dei primi utilizzati è stato l'alcool) e racchiuse in cupole sferiche trasparenti. Sulla parte esterna o superiore della corona sono riportati i gradi bussola (0º = Nord; 90º = Est; 180º = Sud; 270º = Ovest), con le gradazioni intermedie (usualmente si arriva a cinque gradi, gradazioni inferiori renderebbero illeggibile lo strumento). Il dispositivo fornisce in questo modo una lettura affidabile nonostante i movimenti dell'imbarcazione sui tre assi (rollio, beccheggio e imbardata). Esse sono costituite da un'asta magnetica all'interno di una capsula riempita di un fluido; il fluido permette all'asta di fermarsi velocemente senza oscillare in direzione del polo nord magnetico.



Bussola da orientamento e geologia con specchietto e clinometro
Altre caratteristiche comuni, delle bussole che si tengono in mano, sono la possibile presenza di:
una piastra sottostante con una riga graduata per permettere la misurazione delle distanze sulle mappe, mantenendo le stesse orientate;
un piccolo metro avvolto all'interno di un'incastonatura ruotante che permette di effettuare misurazioni;
uno specchio di puntamento che permette all'utente di vedere contemporaneamente l'ago della bussola ed un oggetto distante per misurare, traguardando un mirino, l'angolo formato tra utente, oggetto ed un punto cardinale, generalmente il Nord;
un clinometro, pendolo o filo a piombo oscillante su una scala graduata per misurare inclinazioni rispetto alla verticale, ad esempio degli strati geologici;
una bolla, o livella per mettere lo strumento in piano.
in alcuni strumenti la scala goniometrica non è esterna ma è solidale con l'ago, in modo che traguardando un punto distante sia direttamente leggibile l'azimut.
Molte bussole moderne permettono anche un aggiustamento per la declinazione magnetica, la differenza tra il polo nord reale e quello magnetico, con un semplice sfasamento della scala goniometrica.
In mancanza della bussola...
Fin dall'antichità l'uomo ha dovuto risolvere il problema dell'orientamento. Durante le giornate di sole basta osservare quest'ultimo. Infatti notarono che il sole sorgeva verso Est e tramontava verso Ovest. Il Sud corrispondeva alla posizione del sole a mezzogiorno e il Nord alla posizione opposta.
Considerando questo fatto e con l'utilizzo di un orologio analogico, a lancette, sincronizzato sull'ora solare, si può ugualmente trovare il nord proiettando l'ombra di una pagliuzza posta al centro del quadrante mantenuto orizzontale sulla lancetta delle ore. La direzione nord/sud sarà data dalla bisettrice dell'angolo tra l'ombra e la linea che passa dal centro dell'orologio per le ore dodici.
Utilizzarono, di notte, anche le stelle. La Stella Polare si trova per esempio sempre al di sopra del Nord geografico: guardandola avremo il braccio destro a est, quello sinistro a ovest e dietro avremo il sud.

Possibili cause di errore
Il polo nord magnetico non corrisponde esattamente al polo nord geografico: l'angolo compreso tra il nord magnetico e il nord geografico, detto declinazione magnetica, varia a seconda del luogo e nel corso del tempo. Di conseguenza, nel determinare il nord geografico, la bussola magnetica è soggetta a un errore sistematico, tanto più grande quanto più ci si avvicina ai Poli. Per indicare il nord geografico, è possibile ricorrere a una bussola giroscopica.
L'eventuale presenza di forti campi magnetici esterni compromette la corretta rilevazione del nord terrestre mediante una bussola magnetica. Lo stesso accade se la bussola è posizionata vicino a masse metalliche (l'ago magnetico punterà infatti verso il metallo).